venerdì 9 novembre 2007
♥ Embassy, c'est plus facile
Sono le ore 8.45 del mattino. Milano è avvolta da un bel freschino autunnale, ergo muoio di freddo. Cerco di sembrare presentabile, di essere un bel donnino, ma continuo a sbadigliare come una bertuccia nascondendomi dietro al passaporto. Osservo la guardia, dai tratti tipicamente italici che comunica tramite auricolare con l’interno del palazzo. Non potevo immaginare che lì dentro avrei trovato 800 guardie dallo sguardo italico che non parlavano tra di loro, se non tramite radiolina. Aspetto ancora fuori pensando che ho scelto la bici e adesso mi tocca pedalare. Finalmente è il mio turno. Mi sembra di entrare all’aeroporto: metal detector e sguardi minacciosi se mi metto le mani in tasca. Mi spoglio, il metal mi dà l’ok e gli voglio bene. Indosso un badge che mi qualifica come visitor. Mi vengono in mente gli ufo, ma non lo faccio presente al marine che mi guarda dall’altra parte del vetro. Sta lì col suo cappellino bianco, la sua divisa color marroncino vomito e tutta la sua afroamericanità. Chissà se ha nostalgia di casa a volte. Lascio la malinconia al marine e finalmente prendo l’ascensore. Al 7th floor c’è il mio visto per gli States. O almeno spero che ci sia. Nonostante la mia foto-tessera da ragazzina idiota, mi dicono di accomodarmi e aspettare il giudice supremo che mi dirà se son cosa gradita negli Stati Uniti o se posso gentilmente stare a casa mia. Attendo, guardo una giapponese trendy con la borsa di MiuMiu, poi una polacca che racconta di tutti i parenti che ha negli USA e quanta voglia abbia di partire, poi lui, il mio vicino, quello che mi sfiora il gomito e continua a muoversi: un indiano che sa un po’ di kebab (mi sembrava di stare su un treno). Porca vacca, ma sempre a me? Povero, un po’ mi dispiace: quando l’hanno schedato – come a tutti noialtri – continuava a confondere la destra e la sinistra e non riuscivano a prendergli le impronte. Sarebbe un’ottima tecnica per sfuggire allo “schedamento” fingersi ignoranti e mettere il gomito sull’aggeggio digitale o le dita dei piedi. Però forse il visto, poi non te lo danno mica. Vabbe’, una voce oltre il vetro mi chiama: Signorina Del Cancio. (da qui in poi leggete in italo-inglese, tutto risulterà più facile). La signorina Del Cancio che rappresento, sorride e timidamente si presenta al varco. “Buonciorno, qual è mocivo di suo viaggio negli Staci Unici?”
“Lavorerò per l’ONU per un progetto dell’università”
“E cosa farà esacciamence all’ONU” Qui in pochi secondi devo inventare cosa farò là, perché esacciamence non lo so manco io “Eh…sarò nel DPI e seguirò l’ufficio stampa”
La tipa – che aveva un nome fighissimo, ma non posso ripeterlo se no mi mettono in gatta buia – impassibile continua l’interrogatorio: “Ok, meccia il pollice sinistro sul lecciore, prego” Sentendomi un po’ una delinquente per la seconda volta, eseguo gli ordini.
“Deve riprovare, sua improncia non va bene” Oh mio Dio, che cazzo hai oggi pollice sinistro che non vai bene?! Riprovo. “No, non va. Asciuga mano per favori e riproviamo” Io asciugo mano, ma nemmeno ‘sta volta il pollice vuole schedarsi. “Ok, proviamo con indice sinistro” Indice, non mi mollare anche tu, ho bisogno del visto. Indice fa suo dovere e dopo qualche attimo d’attesa, lady di ferro mi guarda e mi dice: “Ok, ho approvato suo visto. Grazi e arrivederci”.
Oh Madonna BEATA! Le sorrido e felice come una pasqua raggiungo la guardiaauricolare all’ascensore: “Tutto bene signorina?” lo vedo lo sguardo da simpaticone e sorrido fiera “Sì, sì tutto bene” “Siamo a posto col visto?” Io presa da un attimo di follia post-visto gli dico: “Eh, sì, tutto ok…si son fidati a darmi il visto…ah ah ah!” Solo poi realizzo che non era il massimo della scaltrezza dire una cosa del genere all’interno dell’ambasciata americana. Ma la guardia mi sorride e mi ficca nell’ascensore. Finalmente sono fuori, libera dalle auricolari e dalle telecamere. Il mondo è tutto in discesa. E ora si parte davvero. Miticoh!
GniGno chi l'ha visto
“Lavorerò per l’ONU per un progetto dell’università”
“E cosa farà esacciamence all’ONU” Qui in pochi secondi devo inventare cosa farò là, perché esacciamence non lo so manco io “Eh…sarò nel DPI e seguirò l’ufficio stampa”
La tipa – che aveva un nome fighissimo, ma non posso ripeterlo se no mi mettono in gatta buia – impassibile continua l’interrogatorio: “Ok, meccia il pollice sinistro sul lecciore, prego” Sentendomi un po’ una delinquente per la seconda volta, eseguo gli ordini.
“Deve riprovare, sua improncia non va bene” Oh mio Dio, che cazzo hai oggi pollice sinistro che non vai bene?! Riprovo. “No, non va. Asciuga mano per favori e riproviamo” Io asciugo mano, ma nemmeno ‘sta volta il pollice vuole schedarsi. “Ok, proviamo con indice sinistro” Indice, non mi mollare anche tu, ho bisogno del visto. Indice fa suo dovere e dopo qualche attimo d’attesa, lady di ferro mi guarda e mi dice: “Ok, ho approvato suo visto. Grazi e arrivederci”.
Oh Madonna BEATA! Le sorrido e felice come una pasqua raggiungo la guardiaauricolare all’ascensore: “Tutto bene signorina?” lo vedo lo sguardo da simpaticone e sorrido fiera “Sì, sì tutto bene” “Siamo a posto col visto?” Io presa da un attimo di follia post-visto gli dico: “Eh, sì, tutto ok…si son fidati a darmi il visto…ah ah ah!” Solo poi realizzo che non era il massimo della scaltrezza dire una cosa del genere all’interno dell’ambasciata americana. Ma la guardia mi sorride e mi ficca nell’ascensore. Finalmente sono fuori, libera dalle auricolari e dalle telecamere. Il mondo è tutto in discesa. E ora si parte davvero. Miticoh!
GniGno chi l'ha visto
Ahahah!!! Sei troppo simpatica nano...mi sono sganasciata dalle risate leggendo questa tua simpatica avventura...
tat.
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